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L'aikido (合氣道 in caratteri kyūjitai) è un'arte marziale giapponese che si pratica sia a mani nude sia con le armi bianche tradizionali de Budo giapponese di cui principalmente: "ken" (o bokken [spada]), "jō" (bastone) e "tantō" (il pugnale). Il nome aikido è formato da tre caratteri sino-giapponesi: 合 (ai), 氣 (ki), 道 (dō) la cui traslitterazione è la seguente:

  • 合 (ai) significa "armonia" e nel contempo anche "congiungimento" e "unione";
  • 氣 (ki) è rappresentato dall'ideogramma giapponese 氣 che, nei caratteri della scrittura kanji, ra igura il "vapore che sale dal riso in cottura". Significa "spirito" non nel significato che il termine ha nella religione, ma nel significato del vocabolo latino "spiritus", cioè "so io vitale", "energia vitale";
  • 道 (dō) significa letteralmente "ciò che conduce" nel senso di "disciplina" vista come "percorso", "via", "cammino", in senso non solo fisico ma anche spirituale.

合氣道 (ai-ki-dō) significa quindi innanzi tutto: «Disciplina che conduce all'unione ed all'armonia con l'energia vitale e lo spirito dell'Universo».

Storia: origini ed evoluzione dell'Aikido

L'Aikido fu ideato da Morihei Ueshiba (植芝 盛平, Tanabe 14 dicembre 1883 – Tokyo 26 aprile 1969), i praticanti gli si riferiscono con il termine Ō-sensei ("Grande Maestro").
L'aikido si è evoluto in due ben distinte fasi: la prima profondamente connessa al periodo di studio del Budo giapponese da parte del fondatore ed una seconda a partire dagli anni post bellici, periodo in cui l'aikido iniziò rapidamente ad a ermarsi nel mondo intero.
Il fondatore nel primo periodo si dedicò a numerose forme di Bujutsu (武術) ed in particolare approfondì la pratica del "Daitō-Ryū Aikijūjutsu" (大東流合気柔術) sotto la guida di Sokaku Takeda (武田惣角).
Nel 1940 la Fondazione Kobukai viene u icialmente riconosciuta dal governo giapponese: inizia ad Iwama-Machi, nella prefettura di Ibaraki, l'allestimento di un luogo all'aperto per la pratica.
È in questa fase che si venne a creare:
"L'aikidô in quanto Via di tutti coloro che coltivano il grande amore per il cielo e la terra".

La finalità dell'aikido

Seppur utilizzi per la sua pratica strumenti tecnici propri del Budō (l'arte militare dei samurai giapponesi), le finalità dell'aikido non sono rivolte al combattimento né alla difesa personale: l'Aikido aspira infatti alla "corretta vittoria" (dal fondatore chiamata: 正勝 masakatsu) che consiste nella conquista della "padronanza di se stessi" (dal fondatore chiamata: 吾勝 agatsu, cioè la "vittoria su se stessi"), resa possibile soltanto da una profonda conoscenza della propria natura interiore. Ueshiba intendeva che per cambiare il mondo occorre prima cambiare se stessi e ciò significa che se si vuole veramente acquisire quella capacità che il fondatore dell'aikido definiva 勝早日 katsuhayabi, cioè di padroneggiare l'attacco proveniente da un potenziale avversario esattamente nell'istante e nella circostanza della sua insorgenza, occorre aver preventivamente acquisito la capacità di padroneggiare pienamente se stessi nel corpo e nello spirito.

L'aikido, quindi pur conservando e utilizzando nella sua pratica tutto il bagaglio tecnico di un'arte marziale, non è tuttavia finalizzato al combattimento e quindi a un risultato di tipo militare o di difesa personale, ma è finalizzato al risultato della scoperta e dello studio delle leggi di natura che regolano le dinamiche e le relazioni che entrano in gioco nel rapporto fra gli individui nell'occasione dell'instaurarsi di un conflitto e/o un combattimento fra di loro. L'aspetto dell'arte marziale e/o della difesa personale si riconducono all'aikido solamente in modo indiretto, quale elemento secondario della pratica.

All'interno del territorio nazionale, la disciplina dell’Aikido vanta oggi una presenza molto forte, con molteplici stili e Maestri. Il Settore dell’Ente, nell’abbracciare le unicità lasciando il proprio spazio di movimento a tutti, si impegna nella promozione ed espansione dell’Aikido portando avanti il progetto di realizzazione di un programma tecnico condiviso, che amalgami i di erenti stili e li unisca in una chiave interpretativa comune.

 

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